70 anni in 7 volti
Tra i caratteri più importanti e duraturi della tv, c’è la sua dimensione di prossimità: è un mezzo vicino, domestico, quotidiano, un po’ dato per scontato, banale, prevedibile, ma proprio per questo immediato e ancora più forte. Non è un caso poi che queste proprietà si trasferiscano, quasi automaticamente, sui suoi protagonisti, su quei volti che senza farsi troppo notare entrano ogni giorno, per anni, nelle case di tutti, e che anche per questo diventano punti di riferimento noti e apprezzati. La storia della televisione italiana è allora una storia anche fatta di queste facce, dei loro corpi e movenze, delle loro parole. Di figure che abbiamo imparato a riconoscere all’istante e che spesso ci siamo trovati a chiamare per nome. Senza bisogno di nessun’altra specificazione, sicuri di trovare nei nostri interlocutori la stessa familiarità.
Mike Bongiorno, la guida paziente
Mike è stato la televisione. Non c’è Fenomenologia che tenga, l’associazione stretta è stata conquistata sul campo. In onda dal primo giorno, anzi dai mesi sperimentali, e al timone dei successi Lascia o raddoppia? e Campanile sera. Americano, e quindi moderno, proprio come la neonata tv; e al tempo stesso italiano medio (che non vuol dire mediocre), con la parlata comprensibile a tutti che diventerà standard, i piccoli vezzi e le piccole gaffe, proprio come quel pubblico che lo incorona da casa. Certo diventa il re dei quiz e dei giochi, dal nozionismo alla fortuna, dalla ribalta della sera al pomeriggio, da Rischiatutto a TeleMike e a La ruota della fortuna. Ma è stato anche la guida paziente che traghetta chi guarda verso le novità: dopo la prima tv, le reti locali a TeleMilano, i network privati in esclusiva su Canale 5, e stava arrivando pure Sky.
Pippo Baudo, il maestro di cerimonie
Nella storia della tv italiana Pippo, arrivato non subito ma quasi, è il principio d’ordine: il conduttore è il metronomo che scandisce i tempi, il vigile che regola il traffico, la spalla sempre un po’ rigida ma pronta a mettersi in gioco al servizio dello spettacolo. Ogni programma diventa una cerimonia, con il sussiego che merita e qualche fastidio quando il “bello della diretta” (che siano Grillo, Benigni o un operaio che minaccia di buttarsi dalla galleria dell’Ariston) infrange la sua perfezione. Nelle gare musicali, da Settevoci a Sanremo, ovviamente, e ai mille altri festival, o nelle lunghe Domenica In, nei tanti classici varietà, nelle celebrazioni più varie, Baudo incarna più di ogni altro lo splendore e i limiti del nazional-popolare – e, come nella polemica del 1987, lo rivendica e difende con fierezza. È quella la vera televisione, del resto.
Raffaella Carrà, tutto fa spettacolo
Nella puntata di Milleluci, il varietà da lei guidato in coppia con Mina, dedicata ai vent’anni della tv, a un certo punto Raffaella si lancia in un ballo scatenato attraverso i tanti generi della tv, dallo sceneggiato al tg, dalla sigla di Carosello alle previsioni del tempo, aiutata da qualche effetto speciale elettronico un po’ ingenuo. Ed è come fosse la sintesi della sua intera figura e carriera, televisive appieno. Negli show del sabato sera pieni di lustrini, dove condurre, cantare e ballare. Nel salotto dell’ora di pranzo di Pronto, Raffaella? con le telefonate da casa, le chiacchiere con gli ospiti, i fagioli da contare. Nelle sorprese fatte a inconsapevoli persone comuni, a Carràmba. E ancora nel talent, nel factual. Con la massima dedizione e professionalità, è stata capace di porsi insieme come la stella più brillante e la confidente più amata.
Piero Angela, la missione della conoscenza
La tv non è soltanto intrattenimento, ma anche informazione e programmi educativi – in breve, servizio pubblico. E pochi hanno saputo incarnare l’essenza stessa di questa missione (e della Rai) quanto Piero Angela, che da volto noto e stimato del telegiornale decide di dedicarsi alla divulgazione: scientifica, medica, tecnica, storica, negli speciali monografici come nei Quark e Superquark che si intrecciano per decenni al suo nome. C’è la fiducia ingenua nel progresso di chi non fa ricerca ma la vuole raccontare. C’è il desiderio di allargare il più possibile i destinatari di queste conoscenze. C’è la consapevolezza, e la furbizia, di usare tutti i trucchi del mestiere televisivo per riuscirci davvero, senza paura di sporcarsi un poco le mani lungo la strada. E sulle note dell’aria sulla quarta corda di Bach, il pubblico era lì con lui.
Enzo Tortora, viva la gente
Tortora è un altro conduttore che di televisione italiana ne ha macinata tanta, praticamente da subito: Primo applauso, Telematch e i collegamenti dalla provincia di Campanile sera (con Enza Sampò), poi La domenica sportiva e Giochi senza frontiere, celebrato dal varietà nel poker dei primi grandi presentatori (con Mike, Pippo e Corrado). Ma è con Portobello, il simbolo di una tv che stava cambiando pelle e linguaggi (prima paleo, poi neo), che trova la cifra più piena: affabile e sornione, rispettoso ma pronto all’occhiata complice per le proposte balzane del suo mercatino del venerdì, empatico di fronte alle persone comuni che sperimentavano la fresca ribalta, capace di includere i fermenti delle locali che pure aveva costruito e bazzicato. Poi le ingiuste accuse, la caduta, il carcere e il doveroso ritorno: “Dove eravamo rimasti?”.
Maria De Filippi, di lato eppure al centro
Si è capito prestissimo che non si sarebbe trattato solo della signora Costanzo, con l’accorto passaggio di testimone nella tv popolare fatta di parole tutto in famiglia, ma che Maria (il nome più comune, eppure pensiamo a lei) avrebbe occupato tutto il centro del mondo televisivo per tre decenni almeno. Con la posizione defilata, la caramella in bocca, la voce bassa, la conduzione depurata da ogni orpello e ridotta all’essenziale. Con le storie della gente qualsiasi, distinta per età e per obiettivi tra C’è posta per te, Uomini e donne e Amici (versione talk, poi Saranno famosi, e versione talent). Con uno stile che porta con sé dovunque vada, persino a Sanremo, e la distingue da chiunque altro. Con un ruolo anche produttivo e autoriale che ritaglia uno spazio preciso e chiarissimo nella tv della realtà, anche se non è in video.
Fabio Fazio, l’acqua cheta
In tanti tra i protagonisti della tv italiana di oggi potevano forse aspirare alla settima casella (Fiorello e Amadeus, Bonolis, Conti e Scotti, Clerici, Carlucci e Ventura, il non-più-così-giovane Cattelan), ma in fondo il percorso di Fazio può riassumerli tutti, o almeno molti. Anello di congiunzione della Raitre di Guglielmi (Quelli che il calcio) con l’infotainment contemporaneo (Che tempo che fa), passando per la nostalgia celebrativa (Anima mia) e qualche rivoluzione sanremese (al primo giro, soprattutto). Scapestrato gentile e poi bravo presentatore, con la curiosità dell’approfondimento e il gusto per lo spettacolo. Tanta Rai, e poi le scorribande verso nuovi lidi, interrotte subito a La7 o più fortunate sul Nove. A ricordare che la televisione si può fare anche in modo accogliente, per chi è ospite e chi guarda, tra sorpresa e scrittura.