«Non riesco a vederti ma so che ci sei. Lo sento. … Mi piacerebbe vedere la tua faccia. Giusto per guardarti negli occhi e dirti quanto è bello essere qui. Solo per toccare qualcosa. Questo è freddo. Fa sentire bene. Quaggiù è bello fumare, prendere un caffè, e se lo fai insieme è fantastico. Vedi, prendi una matita e fai una linea scura, poi ne fai una chiara, e l’insieme è bello. O quando hai le mani fredde, se le sfreghi così, insieme, è bello…. Fa sentire bene. Ma tu non sei quaggiù. Io sono qua. E vorrei che anche tu fossi qui. Vorrei che potessi parlarmi». Quando nelle mattine d’inverno mi sfrego le mani per scaldami un po’, lo faccio come Peter Falk mentre spiega il calore dell’umano al suo angelo berlinese. Ci vedo l’umano che invita il cinema ad abbandonare la sua natura eterea e insensibile e a farsi gesto, un tratto di matita, una stretta di mano, uno sguardo negli occhi, un sorso di caffè, il fiato che si annuvola al contatto con l’aria.