“Carogne”. Maddalena Cecconi guarda il provino della piccola Maria dalla cabina di proiezione. ll suo volto, come quello della figlioletta, sta nel rettangolo di luce, lo stesso spazio che, nel crudele controcampo, mostra il fallimento della piccola aspirante attrice. Il pianto stride sulle risate grasse dei compari di Blasetti, anche su quelle di Anovazzi, meschino. Sono tutti delle carogne per Maddalena, che prima copre lo sguardo innocente di Maria di fronte allo scempio dell’irrisione – una nana -, poi non regge nemmeno lei lo schianto dell’aspettativa.

Qui c’è tutto, ma non solo. Perché oltre al cinema sempre e comunque, oltre allo sguardo e ai suoi labirinti, oltre a quel cinema che non smetterò mai di rivedere e a quell’attrice che mi fa ridere e piangere insieme, ci sono io. Madre e figlia, sempre pronta a graffiare chi si prende gioco dei miei figli veri e adottivi, con un’irresistibile voglia di riscatto, in una perenne tensione tra ciò che ero e quello che vorrei diventare.