Nella costellazione degli incontri che mi hanno segnato c’è quello adolescenziale con lo sguardo dissacrante di Buñuel. L’occasione, una serata con amici per vedere Viridiana, registrato dalla televisione. Ricordo l’effetto che mi fece quel film che non risparmiava nessuno (neanche gli scarti della società, che emarginavano altri emarginati) e trasformava tutto nel suo contrario: un crocifisso in un coltello, una corda per saltare in uno strumento di morte, ma anche in una cintura facilmente regolabile; una grande abbuffata diventava una parodia dell’Ultima cena e la protagonista gettava alle ortiche la santità. Un mondo ambiguo e contraddittorio da cui non si salvava neanche il vagabondo che, rifiutato sdegnosamente il regime rieducativo imposto dalla benefattrice, le scuciva qualche soldo prima di tornare alla libertà. Umano, troppo umano anche lui.