Una pellicola ritrovata. Anni ‘50. 8mm. Kodachrome. Proiettata in cantina per scoprirne il contenuto. Il titolo incuriosisce: “Catherine”. Eccola, che sorride davanti alla cinepresa, piccola star di casa che balla in giardino, ora sull’altalena, e poi in bicicletta sul lungomare, il giorno del suo settimo compleanno. Ossessione filmata dal padre, un cartello tra i fotogrammi scandisce: “Catherine… Catherine… et encore Catherine”. Il film della sua vita, che ha cambiato la mia. Una sequenza dopo l’altra in quella scatola comprata per cento franchi al mercato di Port de Clignancourt. Rampolla di una famiglia francese, amatissima dai genitori, che la portano in vacanza a Cannes e nei castelli da favola, e la accompagnano adolescente a Londra. Giovane donna con il compagno oltreoceano, finalmente è lei che filma, rapita dall’esotismo di Tahiti. La proiezione folgorante di Catherine accese in me e Mirco Santi l’idea di dare alla luce un archivio di home movies, scrigni del tempo perduto.