Nell’ultimo scorcio degli anni Ottanta, non ancora iniziato alle maratone notturne di Vieri Razzini ed Enrico Ghezzi, vidi in una tarda serata di Raitre la rielaborazione di Metropolis curata da Giorgio Moroder. Anni dopo avrei scoperto che con l’originale del 1927 aveva veramente poco a che fare: era un’epoca in cui le ricolorazioni della Turner Classic Movies facevano a pugni con la nuova consapevolezza filologica in progressiva costruzione dopo Brighton. I viraggi inaccurati e le modifiche apportate al montaggio, utili ad accomodare un’accattivante colonna sonora synth-pop, preludevano a un’era in cui varianti director’s cut di opere più o meno recenti avrebbero convissuto con manipolazioni digitali create dal basso. Per chi era cresciuto con Star Wars e il nascente linguaggio del videoclip erano il massimo dell’accessibilità, e il marchio di Moroder una garanzia. Non era sicuramente il Metropolis che avremmo meritato, ma era probabilmente quello di cui aveva bisogno un adolescente.

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