Posso dire con certezza quando è cominciata la mia vita adulta, quando sono diventata più o meno quella che sono adesso: in una sala quasi deserta (un ricordo che ora ha lo stesso sapore intenso di una ciliegia assaporata con gusto), un pomeriggio d’autunno, in una città che allora non sentivo ancora mia. Credo fosse il primo film che vedevo da sola al cinema: quel pomeriggio mi sono ritrovata senza saperlo seduta in macchina accanto ad un uomo che non avevo mai visto e che pure mi chiedeva di aiutarlo ad uccidersi. Lo chiedeva proprio a me. Scoprivo, così, che il cinema è un modo di stare al mondo, non solo di guardarlo, è una presa di posizione, sempre, e un’interrogazione su di sé. “Vuoi rinunciare al sapore della ciliegia? Vuoi rinunciare? Rinuncia”. Il nome di Abbas Kiarostami è diventato per me il nome di questa interpellazione, la ragione per cui non ho rinunciato: perché al cinema non si può rinunciare. Neanche in un momento come questo, in cui abbiamo rinunciato quasi a tutto.