Ho preso coscienza dell’espressione “buio in sala” abbastanza tardi. Il corso di Marco Dinoi prevedeva la visione integrale di Die Zweite Heimat – Kronik einer Jgend di Edgar Reitz. Immerso nella sala cinema della Facoltà di Lettere di Siena guardavo, da solo o in sparuta compagnia, la cronaca di questa giovinezza che attraversa gli anni ’60, gli anni decisivi nell’immaginario di chi – per ragioni anagrafiche e sentimentali – non ha ancora capito a quale secolo appartiene. Nella costruzione di quella seconda patria mi rispecchiavo, io studente fuori sede; nell’unione di cultura e politica sognavo una forma di vita; nella relazione tra allievi e maestri, dentro e fuori l’accademia, ritrovavo il presente e immaginavo il futuro. Questo è stato possibile grazie a quel buio e a quella sala, e grazie al desiderio di condividere con altri ogni ulteriore tappa di quel racconto seriale (ma al tempo non si chiamava ancora così) che erodeva i confini tra i media. Cinema, Die Zweite Heimat.

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