Alla chiusura del mio terzo anno di laurea triennale, decisi di intraprendere un viaggio in Israele-Palestina. Convinta all’ultimo momento da un’amica mi buttai, quasi alla cieca, in un’esperienza che ha cambiato profondamente la mia esperienza di vita e di studio. Terra Santa, terra promessa, terra contesa. Rientrai in Italia con un turbinio di storie ingarbugliate ed emozioni intraducibili. Fu proprio Il giardino dei limoni a fornirmi l’ancoraggio dal quale ripartire per rimettere in ordine i tanti tasselli di ciò che avevo visto e ascoltato. Ancora oggi riguardarlo mi riporta là. Riesce a far riaffiorare memorie sensoriali di quei luoghi: il suono dell’Arabo e dell’Ebraico, il sapore del limone spremuto nelle pietanze, il blu del cielo, i volti delle persone che ho incontrato durante le mie ricerche di campo con le loro storie di terre espropriate, familiari persi nel conflitto, e un inaspettato ottimismo e fede. Questo film ha ancora oggi la forza di riaccendere in me quella passione che più di dieci anni fa mi spinse a dedicarmi alla ricerca e alla vita accademica.

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