Sono nata il 10 agosto, nella notte di San Lorenzo, la più calda dell’estate, quella in cui cadono le stelle che dovrebbero farsi carico dei desideri e dei “chissà se”.  Io ero proprio nei “chissà se…”, dopo aver sperimentato la difficoltà o – forse – l’incapacità di intessere relazioni soddisfacenti e funzionanti con me stessa e con gli altri. Era la sera del mio ventesimo compleanno. La tv, quasi a mezzanotte, trasmetteva un film che, già nelle premesse, si presentava interessante: a schermo ancora nero una voce femminile fuori campo sussurrava: «Mi hai detto ti amo, ti dissi aspetta. Stavo per dirti eccomi. Tu mi hai detto vattene». Jules e Jim di François Truffaut è stata una lezione di chiarezza, purezza, chiaroscuri, mobilità nervosa, di utopia, dicotomia, sottofondi (Le Tourbillon di Georges Delerue è nella mia playlist) e soprattutto di cinema. E’ partito tutto da qui, da quell’incunabolo di cose a venire, da quel colpo alla coscienza dell’arte in movimento, da un inaspettato regalo di compleanno.

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