Un ragazzo si sveglia, apre gli occhi e come seguendo il filo di un pensiero alza lo sguardo, innescando un movimento di macchina che proseguendo coglie uno scorcio della modesta abitazione in cui vive con i genitori e un fratello. A metà del movimento di macchina appare il titolo del film. È l’inizio di Il posto di Ermanno Olmi, che ci sembra uno dei film più amari e più belli sull’Italia del boom economico. Il movimento di macchina che, partendo dal suo sguardo, alzandosi, introduce il titolo si fa figura della speranza, del sogno del ragazzo di un futuro migliore grazie al posto in un’importante azienda di Milano. Lo otterrà, ma nel finale il senso del titolo cambia drammaticamente. Quando gli è assegnata una scrivania in fondo ad un angusto ufficio, il ragazzo come intuendo qualcosa abbassa gli occhi, lo schermo si fa nero e finisce il film. Per chi scrive Il posto è folgorante.