Indicare con una scelta univoca il film che più di ogni altro mi ha fatto comprendere quanto il cinema sia un mezzo straordinario per raccontare storie e sentimenti, svelare emozioni e mettere in scena in modo tangibile l’idea del tempo mi è molto difficile. Il cinema è anche fatto di una dimensione di memoria dello spettatore, una stratigrafia di visioni che si sommano e si riflettono fino a creare la nostra personale “memoria”. Tanti film mi hanno segnato, soprattutto da adolescente, ma se devo individuare un titolo che è riuscito a fungere da catalizzatore capace di rivelarmi come il cinema possa essere una forma espressiva capace di aprirsi verso la dimensione del ricordo, del sogno e dell’illusione, mescolandola con la descrizione del quotidiano, scelgo Il posto delle fragole di Ingmar Bergman. È il film che mi ha fatto capire, con una sensazione immediata, come il cinema possa muoversi in territori che rivelano la dimensione sconosciuta della nostra interiorità.