Con difficoltà riuscirei a identificare in un film la mia “scena primaria”. Non ho invece difficoltà a fissare i miei primi e fondamentali incontri con il cinema, in un intreccio di esperienze diverse, in cui il dentro e il fuori l’immagine sono tutt’uno. È un incontro in più luoghi e occasioni, legati alla mia infanzia, a Milano negli anni ‘70: mia madre mi portava spesso nella sala del Museo della Scienza e della Tecnica, dove c’era una ricca offerta di film, poi c’era la sala dell’oratorio, con la gazzosa e la cannuccia di liquirizia, ma anche i film in Tv, presentati da Fava o da Rondi (il cinema è per me da subito anche un discorso sul cinema). La memoria mi restituisce un impasto di immagini in cui la Magnani e il cinema italiano, il noir o Hitchock si sovrappongono a Godzilla e a Crudelia De Mon, ma nitido è il ricordo della felicità dell’andare al cinema e del riconoscere nei film un mondo inaspettato eppure vicino. In questo incontro ha avuto inizio il mio pensare con le immagini, la mia visione del cinema come pensiero.

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