Scegliere un’immagine di guerra per parlare della propria passione per il cinema può sembrare azzardato. O forse no. Studente di storia affascinato da quel grande teatro di splendori e orrori che è stato il Novecento, ho avuto la fortuna di incontrare grandi maestri, non molto sensibili, in verità, alle immagini e al loro valore di fonti per la ricerca. Ho vissuto quindi il mio personale Iconic Turn quando i miei studi sono diventati un lavoro. Dopo tante letture, vedere nell’archivio dell’Istituto Luce le immagini trionfalistiche dei totalitarismi novecenteschi scorrere in moviola, è stato allo stesso tempo scioccante e straniante; ma davvero folgorante è stato scoprirne la tragica prosaicità e, soprattutto, percepirne i linguaggi, imparare a cercare in ogni sequenza i suoi scopi discorsivi. È iniziato così un percorso di studi pieno di straordinarie sorprese.

Immagini, sguardi e immaginari fanno parte della storia, avvertono gli studi visuali, territorio naturale di dialogo interdisciplinare. Così come nella sala cinematografica, il cinema e la storia dialogano muti nell’oscurità magica e inquietante degli archivi, dove le immagini ci parlano e ci interrogano.