Un enorme viso d’attrice che ci guarda, malinconico, occupando interamente la parete esterna di un teatro a Madrid in cui va in scena Un tram chiamato desiderio. Di fronte, a figura intera, una donna, avvolta in un cappotto rosso, che aspetta qualcuno. Era il 1999, frequentavo il secondo anno di Università, al cinema usciva Tutto su mia madre di Pedro Almodóvar. Per me, una folgorazione. In quel film ossessivamente rosso – dalle bocche ai vestiti ai capelli agli oggetti – c’era già tutto quello che avrebbe occupato un posto di rilievo nelle mie ricerche sul cinema, anche se allora non lo sapevo: il melò e i generi, la riflessione su arte, recitazione, divismo, la complessità delle identità di genere, la sessualità e il desiderio, la simbologia del materno. Un film cui devo pure il mio primo tatuaggio, in onore di Cecilia Roth.