Blow-Up, cioè l’immagine foto-cinematografica nella stagione del proprio dominio. Film sul proprio farsi tecnico, tra fari, ingranditori, Hasselblad, negativi e pellicola, settato sul mistero del cadavere che appare ma non è dove dovrebbe, impossibile prensione della realtà. La fotografia in Metrocolor e il jazz di Herbie Hancock accompagnano le perlustrazioni alla ricerca della “vita vera”: a bordo d’una Rolls decappottabile e sporca, tra gli ospizi per homeless e i lavoratori dell’incipit, Thomas vive la dépense. Incontra i mimi e i clown trionfanti tra i palazzoni razionali della City, li ritrova silenziati in un match senza pallina sul periferico campo da tennis. La m.d.p. sfiora corpi e oggetti sul sound degli Yardbirds, partecipa al set dove Thomas ritrae Veruschka, denegata soddisfazione. Lo spirito del tempo è nel gioco delle due girls (J. Birkin e G. Hills) a caccia di fama e denaro. Una terza, laconica, dice: “Vorrei avere un mucchio di soldi, allora sarei libera”. Epocale.

0