Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba
Peter Sellers che risorge dalla sedia a rotelle gridando «mein Führer, io cammino!», la voce calda di Vera Lynn che canta We’ll Meet Again, la forza nucleare dell’«ordigno fine di mondo» che si sprigiona sullo schermo. Avevo quindici anni, era notte, solo nella mia stanza registravo l’ennesimo film con Peter Sellers, uno dei miei miti d’infanzia. Non avevo grandi aspettative e invece rimasi stordito a tal punto da quel finale destabilizzante che non riuscii a smettere di pensarci. Avrei voluto delle risposte, avrei voluto condividere il mio stupore con qualcuno che mi aiutasse ad afferrare il senso nascosto del film, invece la notte seguente mi ritrovavo ancora solo nella mia stanza a rivedere Il dottor Stranamore. Non so se sia stato questo film a farmi innamorare del cinema, ma sicuramente è stata questa esigenza insoddisfatta ad alimentare il mio desiderio di ricerca. E ancora oggi rivivo un frammento di quell’emozione quando qualcuno mi chiama e il telefono suona We’ll Meet Again.