Diverse esperienze hanno ispirato i miei studi sul cinema, a partire dal mio soggiorno come borsista presso il Mount Holyoke College, di cui fu allieva Emily Dickinson e nella cui area universitaria studiarono in seguito Sylvia Plath e Maya Deren, cui ho dedicato la prima monografia italiana. Poco prima fui affascinata da Sweetie di Jane Campion, una fascinazione che aveva alle spalle il cinema on the road wendersiano e avrebbe consolidato la mia attenzione per le cineaste: da Alice Guy a Deren e Marie Menken, dalla stessa Campion alle documentariste italiane e alle autrici del cinema internazionale contemporaneo. Con il suo gusto acre del disvelamento di verità rimosse o sottaciute, che covano lavicamente nelle relazioni intime reclamando un capro espiatorio, Sweetie fu decisivo nel mio immaginario di giovane studiosa, pronto ad arricchirsi nell’incontro con altre pratiche dalla forte qualità autoriflessiva ed esperienziale: il cinediarismo di Jonas Mekas e gli Heimat di Edgar Reitz.

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