I ragazzi della 3ª C (1987-1989, Italia 1)

Possiamo definire I ragazzi della 3a C, ideata dai fratelli Vanzina e in onda su Italia 1 dal gennaio 1987, la prima serie teen italiana. Non ci sono intenti educativi ma puro umorismo nel resoconto delle goliardate dei protagonisti della sezione C del fittizio liceo romano Giacomo Leopardi. Oggi inevitabilmente datata, ha comunque portato sul piccolo schermo l’irriverenza giovanile degli anni Ottanta italiani (Fabrizio Bracconeri e Riccardo Rossi tra i giovani; Antonio Allocca e Guido Nicheli tra gli adulti). La 3a C non è solo il luogo d’elezione degli scherzi continui e della satira sugli stereotipi sociali e scolastici (la ricca viziata, lo sfigato, il furbo, l’intellettuale), ma anche il perno del senso di un appartenenza dei protagonisti che, quando serve, supera persino l’impulso al dileggio.

I ragazzi del muretto (1991-1996, Rai 2)

Mentre oltreoceano esplode il fenomeno Beverly Hills 90210, la Rai risponde con una versione nostrana incentrata su un gruppo di diciottenni, le loro esperienze, aspirazioni e relazioni. Da I ragazzi del muretto emerge sì un’intenzione pedagogica, ma anche una certa fiducia nei ragazzi e ragazze del presente di allora. La novità è il tentativo di una restituzione più autentica degli interessi e delle preoccupazioni che attraversano le nuove generazioni, in un incrocio tra tematiche sempreverdi e altre specifiche dei primi anni ‘90: i conflitti con i genitori, gli innamoramenti non sempre corrisposti, i passatempi più o meno sciocchi, ma anche le dipendenze, l’AIDS, i disturbi alimentari. E quel muretto del titolo a simboleggiare il tempo sospeso dei pomeriggi dopo la scuola, dove a quell’età tutto succede.

Compagni di scuola (2001, Rai 2)

Adattamento di una serie spagnola, scritta tra gli altri da Sandro Petraglia, Compagni di scuola trova una sua identità personale, anche se solo per una stagione: non solo i giovani si imbattono nelle difficoltà della crescita, ma anche gli adulti, persi tra il senso di responsabilità del lavoro nell’educazione, e le difficoltà di conciliarlo con vite personali e familiari non idilliache. Il look un po’ legnoso per le riprese in studio è bilanciato da interpretazioni fresche che forniscono uno spaccato colorato dell’adolescenza di inizio millennio, tra hit musicali e internet che fa capolino. Ai volti già noti di Massimo Lopez, Mauro Pirovano, Paola Tiziana Cruciani, Paolo Sassanelli si unisce un gruppo di giovani attori che popoleranno il piccolo e il grande schermo dei decenni successivi: Riccardo Scamarcio, Cristiana Capotondi, Laura Chiatti, Camilla Filippi, Damiano Russo, che prima della prematura scomparsa riprenderà un ruolo simile nella serie della concorrenza I liceali.

I liceali (2008-2011, Joi, Canale 5)

I liceali porta nella contemporaneità il format scolastico corale, unendo gioie e dolori di studenti e insegnanti. Pur riproponendo certi stereotipi (la professoressa di arte disordinata e distratta, il professore di greco spietato e anaffettivo, lo studente di origine indiana genio della matematica), I liceali perfeziona la commistione tra un approccio leggero e la stratificazione emotiva che accompagna i drammi di rito. Si riflette anche sull’assetto del sistema scolastico  e sulla missione pedagogica dei professori con uno sguardo all’attualità, come quando, nella seconda stagione, le proteste anti-Gelmini del 2008 irrompono nella serie. Temi come il bullismo, l’omosessualità, gli atti di ribellione quotidiana sono affrontati con sensibilità, ma alla terza stagione un cambio di cast disorientante: Massimo Poggio e Christiane Filangieri sostituiscono definitivamente Giorgio Tirabassi e Claudia Pandolfi, e anche le trame finiscono per annacquarsi.

Braccialetti rossi (2014-2016, Rai 1)

Nel 2014 Braccialetti rossi riporta sugli schermi Rai un pubblico di giovanissimi, che la fanno diventare anche un fenomeno social. Adattamento italiano della serie catalana Polseres vermelles, ideata da Albert Espinosa a partire dal suo libro, Braccialetti rossi segue un gruppo di giovani pazienti affetti da patologie gravi ricoverati in un ospedale pediatrico della Puglia. Anche se avvolta in una coltre di commozione e buoni sentimenti, Braccialetti rossi affronta il tabù della malattia e della morte di bambini e ragazzi, riservando loro il punto di vista principale e la possibilità di agire, pur nello spazio limitato dell’ospedale. Gli elementi tipici del racconto per ragazzi – amicizie, sentimenti, speranze – assumono un peso ancora più significativo nella quotidianità della malattia. L’ibridazione tra genere medical e teen drama e l’opportunità di intercettare varie fasce d’età grazie alla varietà dei protagonisti hanno contribuito a conquistare un pubblico intergenerazionale.

Mare fuori (2020- , Rai 2, RaiPlay)

Il modello corale delle storie di ragazzi e adulti assume nuove forme in Mare fuori: non la scuola ma il carcere, non allievi e insegnanti ma giovani detenuti e i loro guardiani-educatori. Il grandissimo successo di Mare fuori è frutto di un intreccio di elementi azzeccato: il cast funzionante e affiatato, una struttura che intreccia perfettamente il senso del gruppo con gli affondi sulle storie individuali (i flashback che svelano retroattivamente i reati per cui ogni protagonista finisce all’istituto), la declinazione del melodramma sociale in chiave adolescenziale, con storie diverse che coprono un ampio spettro di situazioni di difficoltà. E Napoli, pur continuando, come in altre serie blasonate, a essere teatro di complotti criminali, qui è anche orizzonte di speranza per il futuro dei ragazzi e ragazze dell’IPM.

Crush – La storia di Tamina (2023, RaiPlay)

Nella televisione di oggi, l’estensione digitale RaiPlay guida la programmazione dedicata ai più giovani. Crush è una sorta di “collana” ideata da Simona Ercolani e dedicata alla fascia under 14: il filo conduttore è quello della prima cotta, ma è l’innesco per riflettere anche su altro. Dopo La storia di Stella, sul rapporto tra i giovanissimi e le tecnologie, ecco La storia di Tamina: la protagonista, tredicenne musulmana in fuga con la sua famiglia dall’Afghanistan, è anche appassionata di calcio, con l’immagine della calciatrice e attivista afghana Farkhunda Muhtaj appesa in camera. Sorvolando sul malcostume dell’impiego di attori italiani che recitano con accento straniero, in Crush i pregiudizi si sgretolano davanti all’evidenza delle amicizie e di un senso condiviso di solidarietà e giustizia: un racconto allo stesso tempo semplice e ambizioso, che intreccia il tema dell’integrazione con il superamento degli stereotipi di genere, nel rispetto delle differenze culturali.