1966: Mina e il Carosello Barilla

Considerata da sempre una diva camaleontica, eclettica e trasformista, nel corso di quasi due decenni di presenza televisiva la “tigre di Cremona” è riuscita a passare da uno stile all’altro facendosi portatrice di nuove tendenze. Tra i costumisti e gli stilisti che l’hanno vestita, come Colabucci, Marucelli, Veneziani e Krizia, è Piero Gherardi ad aver saputo giocare meglio con i suoi connotati. Gherardi non solo realizza gli abiti della cantante per i grandi varietà degli anni Sessanta, ma la dirige e veste in una serie di caroselli per la pasta Barilla, stabilendo un nuovo look: taglio delle sopracciglia, parrucche, capi estrosi e particolarissimi. Vince per originalità la tunica nera in cady ricoperta di torcoli di crine indossata in Se telefonando (1966, V ciclo), un abito che interpreta il testo della canzone. Dal tetto della stazione di Napoli, Mina canta e incanta, muovendo sinuosamente le braccia avviluppate in quelli che se da una parte richiamano i fili del telefono, dall’altra sembrano addirittura i serpenti di una moderna Medusa, capace di pietrificare chiunque incroci il suo sguardo.

1970: L’ombelico di Raffaella Carrà

Raffaella Carrà è riuscita a sopravvivere all’usura della presenza sullo schermo grazie a un’immagine che non ha mai perso la sua forza trascinate, un modello coerente, impermeabile alle mode. Complici di questo successo sono stati gli abiti creati dai più grandi costumisti della televisione italiana, in molti casi passati alla storia tanto quanto le performance di colei che li ha indossati. Pezzi unici, immagini eterne, come lo sfarzosissimo abito di Swarovski realizzato da Sabatelli o i boleri di paillettes progettati da Colabucci. Ma se c’è un nome che dobbiamo necessariamente ricordare è quello di Enrico Rufini: l’uomo che “scoprì l’ombelico della Carrà”. È l’ottobre del 1970 quando Raffaella interpreta la sigla di Canzonissima in pantalone bianco a vita bassa e top in crêpe a collo alto con maniche di tulle su cui si avvolgono nastri di raso. Una scelta audace, quasi uno scandalo. Il capo ideato da Rufini strizzava l’occhio allo stile dell’allora famosissimo stilista italo-tunisino Loris Azzaro, scopriva il corpo femminile ma allo stesso tempo manteneva la raffinatezza richiesta dalla Rai di Ettore Bernabei. Rufini capisce che il nome giusto per portare quello stile moderno e internazionale in televisione è solo uno: quello di Raffaella Carrà.

1982: Renato Zero a Fantastico 3

Calzamaglia, mascara pesante e lunghi ricci sulle spalle. Un’ambiguità che non superava l’eccesso nonostante l’audacia, un’idea di mascolinità libera, colorata e fuori dagli schemi. Sull’onda del glam rock in voga negli anni Settanta, Renato Zero costruisce il suo look con lustrini e paillettes, rielaborandolo in maniera originale. Nel 1982 partecipa come ospite fisso a Fantastico 3, il programma televisivo del sabato sera, con mise che sono uno svolazzo di piume, mantelli di satin, stivaletti molli sul polpaccio, mascheroni, decorazioni di ispirazione mitologico-indiana o arabeggiante (pensiamo a Soldi, la sigla di chiusura del programma). Tra gli eccentrici look, lo spettatore televisivo non può aver dimenticato il luccichio della sua figura mentre interpreta la sigla del suo spazio nel programma, Viva la Rai: una veste in maglia metallica oro con ampio mantello argentato, calzamaglia, stivaletto nero e un esagerato copricapo di piume nere.

1986: Il pancione di Loredana Bertè

Anticipando di un quarto di secolo Lady Gaga, Loredana Bertè si presenta al Festival di Sanremo 1986 con un pallone da rugby infilato sotto un miniabito di pelle nera e borchie. L’idea è di Luca Sabatelli, che tra i grandi costumisti della televisione italiana è stato sicuramente il più “eccessivo”. È lui a vestire il primo spettacolo a colori della Rai (Dal primo momento che ti ho visto, 1976) ed è lui, qualche anno dopo, a ideare l’audacissimo costume sfoggiato dalla cantante sul palco dell’Ariston. A detta dello stesso costumista, una trovata dell’ultimo minuto: Loredana aveva pensato di salire sul palco in vestaglia da casa, scarmigliata e incinta, per rappresentare la donna “succube del suo re” (Re è infatti il titolo della sua canzone). Sabatelli capisce che per rendere quell’immagine speciale c’è bisogno di sublimarla, di allontanarla dalla realtà. L’abito irreale e dal sapore rock entrerà nella storia. Di quel Sanremo e di quella performance si parla tutt’ora.

1992: Il codino di Fiorello

Chi guardava la tv a inizio anni Novanta ricorderà sicuramente l’arrivo dell’avvenente ragazzo siciliano col codino. È il 1992 e nel mondo della moda – interessato alle sottoculture tanto quanto al superamento dell’eccesso che aveva caratterizzato il decennio precedente – c’è chi parla già di “decostruzione”. Cantante, dj, intrattenitore, “animale da palcoscenico” capace di conquistare le folle, Rosario Fiorello deve il suo successo alla conduzione del programma Karaoke, ideato da Fatma Ruffini e trasmesso ogni sera su Italia 1. Fiorello è giovane, moro, ha un sorriso smagliante e i capelli lunghi legati in una coda di cavallo che è poi diventata iconica (e che verrà tagliata nel 1999, quando il conduttore appare al Festivalbar con una zazzera scompigliata riscuotendo comunque grande successo). Porta una ventata di novità nella televisione italiana grazie a uno stile che destruttura il classico completo maschile. Il suo è un look informale, morbido ma di grande impatto, fatto pantaloni extra larghi, il più delle volte neri, e coloratissime giacche oversize dalle generose spalline. Completano il look una cintura di pelle nera, magliette monocolore alla Miami Vice o camicie spesso sbottonate sul petto, che svelano l’abbronzatura e fanno impazzire il pubblico femminile.

2001: Amici e lo sportswear

Noto fino al 2003 con il titolo Saranno Famosi, il talent show condotto da Maria de Filippi è il più longevo della tv italiana. L’idea di base era di aiutare a far conoscere giovani ballerini, cantanti e attori attraverso una vera e propria scuola, ma il programma va oltre le aspettative. Riesce infatti a lanciare non solo alcuni degli artisti italiani più popolari degli ultimi due decenni, ma anche un fenomeno di moda. Sponsor ufficiale di Amici era il brand italiano Dimensione Danza, fondato nel 1983 da Enrico Baroni assieme alla moglie e ballerina classica Nadia Necchi sull’onda del successo del film Flashdance e, soprattutto, del film e della serie cult Fame. Se negli anni Ottanta questi prodotti audiovisivi incoraggiano la tendenza a indossare come streetwear l’abbigliamento per la danza (ricordiamo gli scaldamuscoli!), nei primi anni Duemila T-shirt, felpe, pantaloni e tute firmate Dimensione Danza diventano grazie al programma di Canale 5 un codice estetico condiviso da un’intera generazione, quella dei Millennials.

2020: Il “King” di Sanremo

Il Festival di Sanremo, lo sappiamo, è musica ma anche moda che fa spettacolo e tendenza: l’abito dei performer è oggetto privilegiato del giudizio dello spettatore e del discorso pubblico che la manifestazione mette in moto. Storicamente, è l’unico spettacolo che si sia assunto il compito di mantenere intatta una certa tradizione di eleganza classica, almeno per quanto riguarda il conduttore, presenza costante sul palco. Non possiamo quindi concludere questa breve rassegna senza parlare degli smoking-gioiello di Amadeus, che ha condotto le ultime cinque edizioni del programma ottenendo un successo senza precedenti. Mantenendosi entro il perimetro di un’idea piuttosto tradizionale della moda maschile, Amadeus svecchia l’immagine del conduttore grazie alle creazioni di Gai Mattiolo, designer a cui ha affidato il proprio look di tutte le edizioni. Un guardaroba preziosissimo, rigorosamente sartoriale, fatto di giacche ricamate con cristalli Swarovski (la più pregiata ha 60.000 pietre), di paillettes o broccato, con colori che vanno dal nero al blu oceano e cobalto, dal bianco all’oro, dall’argento al peonia. Un conduttore capace di brillare e di trasportare gli spettatori nel mondo glamour e patinato dell’Ariston.