Sarà sempre la prima volta

Terzo anno di università, aula proiezioni. È ottobre, forse novembre. Sono in ritardo, apro la porta della stanza a film iniziato. L’atmosfera è inquietante, un rasoio da barbiere che taglia un occhio la rende spaventosa; le formiche che escono dal palmo di una mano rovesciano l’orrore in meraviglia. Buñuel non si ferma, mi precipita addosso. E poi, cos’è un cane andaluso? E cosa c’entrano i preti? E gli animali morti? È tutto una domanda, a cui non so dare risposta. Mi sta bene rimanere sospesa, conta soltanto l’immagine che in quel momento trapassa lo schermo, posso perdermi in quel fascio di luce (finalmente!). Non ho bisogno di capire chi sta con chi, cosa accadrà o come si evolveranno gli eventi. La storia non c’è, ci sono soltanto inizi, ogni fotogramma è un nuovo attacco. Dietro una porta c’è un’altra porta e poi un’altra. È tutto chiaro in un lampo: il cinema è una cascata di possibilità e io voglio starci sotto.