Il cinema fa parte del paesaggio esistenziale della mia generazione fin dalla nascita: è presente nella TV, appartiene al rito dell’uscita in sala dei film d’animazione. Spesso è un’esperienza frammentaria: anni dopo scoprirai che alcune immagini depositate nel profondo della memoria, frutto di apparizioni casuali sul piccolo schermo, sono parti di film. Se sei nato nel 1979, sei figlio dello zapping. In questo panorama il cinema è una riscoperta, che può passare per i VHS. Si inaugurano allora le collezioni dei classici. Tempi moderniè l’occasione per una di queste avventure nel passato. L’assenza del sonoro ti getta in una condizione originaria, in cui a parlare sono le cose e le azioni. Poi la parola torna a manifestarsi come Nonsense Song,cantata dal povero scaltro Charlot. Eppure quel parlare inventato riconfigura gesti, mimica e movimenti: lascia intravedere una forma espressiva in cui, venendo meno il linguaggio, si apre nell’immagine uno spazio nuovo per la vita.

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