Una volta a settimana si andava a trovare il nonno, la sera dopo che mia madre tornava dal lavoro o in desolati pomeriggi. Lo si trovava nella penombra di una stanza ingombra, illuminata da uno schermo e circondata da cataste, simili a ziggurat di diverse altezze, composte da migliaia di VHS registrate. Ricoprivano interamente le pareti arrivando quasi fino al soffitto, interrompendosi solo per fare spazio alla finestra, alcune piante, un televisore e un registratore. Questo inconsultabile archivio avrebbe raggiunto col tempo, assicurava, un valore inestimabile. Era un uomo di poche e taglienti parole e, per vicende passate che non comprendevo pienamente, non rivolgeva la parola ai miei genitori. Quando lo si andava a trovare, perciò, si guardava dei film. Senza esitazioni estraeva una cassetta da una delle pile compatte, e tutti insieme eravamo altrove. Molti anni più tardi, fissando quest’immagine, ho compreso che quella stanza buia era la prima traccia del mio legame con il cinema.