Psyco è il film che segnò in me la nascita della cinefilia, ma non posso che ribadire quanto sia Shining il film della mia vita. Dalla prima visione – nel 2000, a 12 anni – mi ha stregato, lasciando tracce indelebili nella mia memoria, come quelle che l’Overlook Hotel cela dentro di sé. È il film che più ho visto, analizzato e perfino sognato, quello che meno mi stanco di interrogare e da cui più mi sento interrogato. Da studioso oggi ne so riconoscere dei difetti, eppure continua ad affascinarmi come allora: per la storia, la scenografia (l’albergo, il labirinto), le luci, la Steadicam, le musiche; per le scene e le parole inquietanti (la cascata di sangue, il dattiloscritto, “È stata la mamma a dirti questa cosa?”); per quel bimbo ipersensibile che un po’ mi somigliava e con cui empatizzavo nel suo timore di un padre problematico e minaccioso (riposa in pace, papà). Shining è più di un film: è un oggetto magico che mi porta oltre lo spaziotempo e mi fa sentire di essere lì da sempre.