La macchina da presa sul dolly attraversa un cimitero e penetra sottoterra, inquadrando un uomo sdraiato in una bara. Jack è un attore che sta recitando in un film di serie b. Soffre di claustrofobia, il ciak si interrompe e Jack viene tirato fuori dal suo finto loculo. Il pianoforte di Pino Donaggio accompagna l’immagine di un deserto. In realtà è un’altra finzione scenografica impressa su un telo che alcuni macchinisti muovono tra le strade di un generico studio hollywoodiano. Jack monta in macchina e torna a casa, mentre il pianoforte di Donaggio esplode in un arioso di archi. Parcheggia, entra nell’appartamento dove scopre la sua compagna a letto con un altro. È l’incidente che innesca l’intera trama del film. È l’imprevisto banale della realtà che il cinema trasforma in un evento. La finzione del set che genera la realtà di un’altra finzione, la mimesis dell’azione attraverso cui il cinema riconfigura il mondo. Tutto ciò che un film imita non è altro che lo spazio tra due set.