Un pomeriggio dell’estate del 2000, mio padre torna a casa con un lettore DVD, acquistato in un negozio di elettronica gestito da un amico. Ho ancora 13 anni, sono un brufoloso adolescente avido consumatore di VHS, e osservo subito l’oggetto con la diffidenza che si deve alle nuove scoperte. Assieme al lettore, tira fuori un DVD in un’indimenticabile custodia snapper (che ancora conservo gelosamente): è Matrix. Dice che è un regalo per me, che glie lo ha consigliato l’amico per testare il nuovo dispositivo, e mi assicura che mi piacerà. Ho già sentito parlare del film, ma non l’ho ancora visto. Staccato il cavo scart dal videoregistratore, lo colleghiamo al nuovo lettore. Appena inserito il disco, si sente una voce: «welcome to the real world». Mio padre mi lascia ad armeggiare col telecomando, immerso nell’esplorazione del menu. Faccio partire il film, e rimango subito scioccato: l’alta definizione. E capisco, in quel preciso istante, che quello sarà il mio nuovo real world.