Università di Potenza, ottobre 2011. Sto per frequentare la mia prima lezione di Storia del Cinema. Quello che a prima vista mi sembra un professore del Paleozoico è in realtà Luigi Di Gianni, innamorato della Garbo e della Brooks. La sua leggerezza a discapito degli anni. Davanti a me un corso di sessanta ore sull’Espressionismo tedesco. Per prima cosa ci legge brani di Büchner e Kaiser. Poi buio. Senza preavviso proietta Lo studente di Praga di Rye. Sono circondato da decine di anime distratte. Il giovane sullo schermo stringe un patto con una mefistofelica figura. Ho ancora in bocca il sapore di tabacco e caffè. Verso il finale il protagonista spara al proprio Doppelgänger che lo tormenta. Il primo perde la vita, il secondo sopravvive, forse per un bisogno d’eternità. Appare la parola Ende. Cerco di tenere a bada i brividi, mentre tutti gli altri ritornano alle loro vite, come se nulla fosse. Invece io mi trattengo un altro po’. Che poi non sei tu, ma è il cinema che ti sceglie.