L’immagine più persistente delle mie sovrabbondanti e solitarie visioni cinematografiche infantili è quella di Richard Wordsworth che vaga per le strade di Londra, reietto, con un braccio che sembra un cactus. Delle molte suggestioni che potrei ricavarne alla luce di quanto è seguito, mi limito a due elementari e mai rinnegate. Sono stato anzitutto spettatore ideale di un cinema classico dalla forte vocazione attrazionale, della cui sintonia con il clima dell’epoca avevo chiara benché maldestra percezione (né Disney né le agiografie propinate dal cinema parrocchiale potevano competere, in termini di fascinazione e rispecchiamento, con termiti giganti, catastrofi ai danni di dive in disarmo, serial killer all’arma bianca). Poi, cinema non ha mai significato mistica della sala: contrariamente alle teorie di allora, ero religiosamente assorto davanti al piccolo schermo, indisciplinato davanti a quello grande (entravo a due terzi del film, mi distraevo a osservare la luce del proiettore…).

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