Doveva essere un pomeriggio di tarda primavera, ché Arianna e io studiavamo sul tavolo di cucina del suo appartamento da studente con le finestre aperte. L’affaccio di quelle smilze stanze del centro storico di Firenze dava su via del Sole, vicino alla chiesa di Santa Maria Novella, di fronte al piccolo cinema Spazio Uno. Quel giorno era in programma La Ronde di Max Ophuls, ma non lo sapevamo. Immerse nei libri e nel fumo pallido delle Diana ascoltavamo distratte il valzer che punteggia il film e raccoglievamo qualche brandello di dialogo: «Et moi, qu’est-ce que je suis dans cette histoire? L’auteur? Le compère? Un passant? … Je suis l’incarnation de votre désir, de votre désir de tout connaître…». Una, due, tre volte: quei suoni ancora privi di immagini risuonavano discreti e tenaci nell’aria tiepida, al ritmo delle repliche pomeridiane. Pochi giorni dopo, per caso, ritrovai proprio quel film durante le lezioni di Storia del cinema. A seguire, tutto il resto.