In piano-sequenza su una spiaggia piena di detriti la macchina da presa incontra il corpo di una ragazza indagandone i tratti dai piedi fino al volto con gli occhi chiusi, per poi mostrarla stesa supina su un telo, con il giornale-radio delle 15:30 che la sveglia, cosicché lei raccoglie frettolosamente le sue cose e corre via dalla spiaggia reggendosi con una mano il bikini ancora slacciato. Ora la ragazza è per strada, si ferma un attimo dal “capitano”, un venditore ambulante che le riallaccia il costume e poi da un altro uomo, Giorgio, che le spruzza dell’acqua addosso per poi arrivare sul ciglio di un negozio, alzare la saracinesca e, una volta entrata, togliersi le scarpe e stendersi su un letto.

È la sequenza iniziale di Io la conoscevo bene con cui Antonio Pietrangeli racconta, delineandolo solo con le immagini, il suo personaggio: la sua sciatta bellezza (gli zoccoli rumorosi), le sue intenzioni assopite (il sonnellino sulla spiaggia), il suo flirtare senza desiderio (gli incontri che fa nel tragitto), la leggerezza delle sue azioni senza finalità (l’affrettarsi per poi stendersi sul letto).