Avevo dodici-tredici anni, credo. Su Tele Capodistria, nell’epoca in cui le sale chiudono e il piccolo schermo è una grande cineteca che offre anche visioni proibite. Alla fine del film Jean-Pierre Léaud, introverso, nevrotico, masochista, immaturo, si sveglia tardi, manca la gara automobilistica cui vuole partecipare e vede fugacemente nuda la ragazza che trascura. Il suo primo piano, letteralmente, prende fuoco. Non so chi è il regista di cui poco dopo vedrò al cinema L’australiano (farò il collegamento? Non ricordo), l’attore, l’autore della colonna sonora che anni dopo cercherò. So che il cinema mi parla di cose che conosco ancora poco, mi apre finestre sul mondo, mi turba. Forse mi fa anche pensare al fatto che un film è pellicola, che quella che sto vedendo è solo finzione. Comunque, una visione solitaria: vedere un film, per me, è come leggere un libro. La sala, alla fine degli anni 70, ha già smesso di avere aura. Anni dopo di quel film cercherò una copia in VHS. Ora è sul mio pc.