È pomeriggio. Cammino mano nella mano con il nonno: giacca, cravatta e cappello sulle ventitré. L’occasione è di quelle speciali: si va al cinema del CRAL. Di sale a Dervio ce n’erano due: una nel salone dell’Oratorio, dove si vedevano i filmini in 16mm; l’altra, quella vera, al centro del dopolavoro. Lì i bambini non entravano quasi mai, ma quella era appunto un’occasione speciale: era l’ultima proiezione che la sala del CRAL avrebbe ospitato. In cartellone I promessi Sposi: eccezione nell’eccezione; giacché Camerini, quel film, l’aveva girato in parte proprio a Dervio. Quel pomeriggio non vidi quasi nulla, sprofondata nella poltroncina rossa, avvolta e un po’ stordita dal troppo fumo. Solo alla sequenza della discesa dei lanzichenecchi, quella in cui si vedeva la rocca del paese, il nonno, sfidando il brontolio degli altri spettatori, mi mise in piedi sulle sue ginocchia.

Fu il mio primo, mai dimenticato, incontro con il cinema.