Estate ’94, di ritorno da un’isola greca con i miei genitori: sullo schermo del salone della nave si stagliava Lauren Bacall in Come sposare un milionario (1953). Non vidi che un frammento del film, ma in breve tempo riuscii a procurarmene una VHS. Conoscevo già Marilyn, attrice comica superba e qui esilarante “ragazza con gli occhiali”. E in seguito avrei scoperto l’importanza storica del film di Negulesco, perfetto esempio di un cinema classico che espande il proprio armamentario estetico con una messa in scena sapientemente ironica del gender e della modernità urbana. A catturarmi allora fu però lei, Lauren Bacall. Al centro delle inquadrature in CinemaScope, esprimeva la forza e la libertà di un’eroina capace di navigare con invidiabile aplomb quel mondo in Technicolor saturo che per me diventò un sogno assolutamente credibile. Un sogno così intenso nella sua materialità cromatica e sonora che non si può fare a meno di provare ad afferrarlo: guardandolo, riguardandolo, studiandolo.