«Colonnello Jessup, fu lei a ordinare il Codice Rosso?» «Certo che l’ho ordinato, che cazzo credi?». Non posso dire con esattezza quando vidi per la prima volta “Codice d’onore”, probabilmente durante uno dei primissimi passaggi televisivi all’inizio degli anni ’90. Quello che so è che da allora la vicenda del povero soldato William T. Santiago e i segreti e le omertà della base militare di Guantánamo continuano a esercitare su di me un fascino intramontabile. Non che le storie dei marines o i thriller a sfondo legale siano tra i miei generi preferiti, ma con il passare degli anni questo film è diventato per me una costante certezza. Dialoghi taglienti ormai imparati a memoria, personaggi divenuti famigliari, frammenti in grado di catturarmi ogni volta; non c’è riproposizione televisiva, ancora oggi, che non scateni immediati messaggi whatsapp con alcuni amici, a ricordarmi – tra le altre cose – che un film incrociato per caso sul piccolo schermo, mentre fai zapping e non te l’aspetti, è una continua scoperta, una magia che ricomincia.

0