A un bambino importa poco dei virtuosismi tecnici che avrebbero permesso di far convivere nello stesso mondo umani e cartoni – che c’è di strano, poi? Ma collocando quell’incontro interspecie nella California degli anni Quaranta il film metteva in scena un universo denso di riferimenti “caldi” a qualcosa che uno spettatore troppo piccolo vedeva rappresentato per la prima volta e che capiva solo in parte, pur intuendone la potenza: Hollywood, e dunque il cinema stesso. In sala e poi mille volte in VHS: il sole nelle vie del centro di Los Angeles, i tram, le auto, i bar e i locali notturni, le ombre nei vicoli, gli uffici disordinati, un movie palace come luogo di rifugio, le strade dalle parti del Griffith Observatory. Tutta l’iconografia del noir, il detective dal drink facile, il peso di memorie e lutti mai elaborati, un omicidio forse passionale, una trama confusa che rivela la corruzione della città. Quasi una parodia, ma anche una prima chiave d’accesso al grande cinema americano.