Mio padre da giovane disertava il liceo per andare alle matinée, poi era diventato uno spettatore onnivoro quasi solo televisivo. Andare al cinema con lui era un evento, come quel giorno a vedere il nuovo film dell’amato Leone. Le scene di C’era una volta in America si accavallano alla rinfusa. I dolori di Noodles, il primissimo piano del congedo. Il thrilling del lavaggio stradale. La telefonata a Fat. Noodles che spia Elizabeth mentre danza, il ristorante dove cenano insieme. Qui il film esce dallo schermo e si srotola sulla mia prima volta a Venezia. Inseguendo chissà chi all’Hotel Excelsior del Lido, all’improvviso, nella sala affollata, impreparata allo stupore riconosco il set: torno lì con Noodles ed Elizabeth e invece sono lì con Harrison Ford che attraversa di fretta il corridoio nella sua bellezza spavalda. Tutti gli sbigottimenti del cinema incrociano l’iniziazione paterna alla scoperta dei film. Quanto gli piaceva spiegarmeli, adorava Kim Novak e Indiana Jones.