L’immagine di due anziane donne ad un tavolo, in una cucina piena di oggetti. Non un’inquadratura, ma la riproduzione fotografica, molto sgranata e scura, in b&n, di un’inquadratura a colori. Era in una scheda critico-informativa, riprodotta in fotocopie, in un cinema romano, probabilmente alla fine del ‘92. Il film cui la scheda si riferiva è La Chasse aux papillons (1992, Caccia alle farfalle) di Ioseliani. Spettatore attivo e curioso, diciannovenne, lessi, in quel cinema, la scheda. Cominciava così: “Questo Ioseliani è un film…”. Non ricordo altro. Nemmeno, purtroppo, il nome dell’autore di quel testo. Ma era la prima volta che sentivo parlare di un film in questi termini. Come si dice “Questo Matisse” o “Questo Cortázar”. La cosa mi colpì molto ma di più mi colpì Caccia alle farfalle, di cui solo più tardi avrei compreso appieno la pensosa levità, così tipica del suo autore. Lo guardavo e sapevo che il mio desiderio di interrogare all’infinito il cinema e i film era appena nato.